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«Non ricordo una domanda in cui ci fosse quella parola, Vostro Onore.»

Pringle era ancora più irritata. «Bene, lasci che le legga la domanda.» Rovistò sulla sua scrivania, cercando il questionario. Linda Ziegler si alzò in piedi, con la sua copia in mano. Pringle le fece cenno di portarla avanti. Il giudice prese il fascio di carte, e le sfogliò fino a trovare la pagina giusta. Poi lesse: «'Ha mai visto un UFO?' Ricorda la domanda?»

«Sì.»

«Ora la ricorda» disse Pringle.

«La ricordavo anche prima — ma lei mi ha chiesto di un disco volante, non di un UFO.»

Pringle era sempre più alterata. «Che differenza c'è?»

«Un UFO è un oggetto volante non identificato. Per definizione, è qualcosa che in natura non conosciamo.»

«E lei ha scritto che non ha mai visto un UFO.»

«È esatto.»

«La Corte ha ricevuto una lettera da un membro della sezione del MUFON della Baia. È la… la…»

«Mutual UFO Network, Rete Comune UFO» disse il giurato 209.

«Sì» disse Pringle. «Un membro della sezione del MUFON della zona della Baia dice che lei è intervenuta come speaker a uno dei loro incontri circa otto anni fa. È vero?»

«Sì. Allora vivevo a San Rafael.»

«Qual era l'argomento del suo intervento?»

«La mia esperienza di sequestro.»

«Lei è stata rapita?» disse Pringle.

«Non quel tipo di sequestro. Sono stata portata a bordo di un mezzo spaziale alieno.»

Il giudice Pringle si scostò platealmente dalla donna, spostando il peso sulla poltrona. «Portata a bordo di un mezzo spaziale alieno» ripeté, come se le parole le fossero risultate poco chiare.

«È esatto, Vostro Onore.»

«Ma nel questionario lei ha specificato di non aver mai visto un UFO.»

«E non ne ho mai visti. Quello che ho visto era assolutamente identificato. Era un mezzo spaziale alieno.»

«Alieno… significa di un altro mondo?»

«Be', in realtà io credo che gli alieni vengano da un'altra dimensione — un corso temporale parallelo, se vuole. Ci sono molte prove a sostegno di questa interpretazione.»

«Quindi lei fa una distinzione tra un UFO — qualcosa di sconosciuto — e un'astronave aliena?»

«Sì.»

«Certo che lei spacca il capello, giurato 209.»

«Non credo, signora.»

«Lei non ha avuto nessun problema nel negare di aver mai visto un UFO nel questionario?»

«No.»

«Ma sicuramente il senso della domanda…»

«Non posso commentare il senso della domanda. Ho semplicemente risposto a quanto mi veniva chiesto.»

«Ma lei sapeva quale informazione volevamo.»

«Con tutto il rispetto, Vostro Onore, è scritto proprio sul questionario, dice… posso vedere il questionario?» Pringle glielo passò.«Lo dice qui, in alto, dice: 'Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Non tentate di capire le risposte giuste per essere ammessi nella giuria o esclusi. Rispondete semplicemente alle domande così come sono poste, sinceramente e secondo le vostre conoscenze'.»

Pringle sospirò. «E lei pensava di aver dato una risposta sincera?»

«Obiezione!» disse Wong. «Autoincriminazione.»

«Va bene» disse Pringle.«Lei…»

«No, non mi dispiace rispondere» disse il giurato 209.«Sí, ho pensato di dare una risposta sincera.»

«Ma lei sa che in aula vogliamo la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità.»

«Mi perdoni, Vostro Onore, ma durante il processo è stato abbastanza chiaro che non volete niente del genere. Ho visto l'avvocato Rice, lì, e l'avvocato Ziegler, tagliare ogni tipo di risposte perché dicevano più di quanto volevano far sentire alla giuria. Per quanto ho visto, la Corte vuole risposte specifiche a domande specifiche e ristrette — ed è quello che io ho fatto.»

«Aveva delle ragioni particolari per far parte di questa giuria?»

«Obiezione!» disse Wong. «Ancora autoincriminazione.»

«Va bene, va bene» disse Pringle. «Giurato 209, non mi spaventa dirle che sono molto alterata con lei. Per il momento, lei è esclusa dalla giuria.»

«Per favore non lo faccia» disse il Giurato 209.

«Lei non mi ha dato scelta» disse Pringle. «Si accontenti del fatto che non l'ho condannata per oltraggio alla Corte. Il sostituto Harrison l'accompagnerà a casa. Cercheremo di farla arrivare lì prima che la voce arrivi alla stampa, ma sospetto che entro stasera le saranno addosso. Non posso ordinarle di non parlare, ma le chiedo di tenere conto dell'impatto che qualsiasi sua affermazione potrebbe avere sui media. Va bene? Può andare.» Pringle sospirò, poi si rivolse agli avvocati. «Troveremo il giurato più adatto per la sostituzione. Ci vediamo in aula tra — guardò l'orologio — venti minuti.»

Gli avvocati si alzarono e uscirono dall'ufficio del giudice. Frank si avvicinò a Dale. «Succede spesso?»

«Gente con un interesse personale particolare che tenta di entrare nella giuria?» Dale scrollò le spalle. «È molto frequente in processi come questo, con un grande numero di potenziali giurati. Ovviamente non ci si può offrire volontari per una giuria, ma se chiedi di presentarsi a un gruppo abbastanza grande di persone, è probabile che ci sia qualcuno che vuole farlo.»

Frank aspettò che Ziegler si allontanasse lungo il corridoio. «Questa donna… in realtà sarebbe stata dalla nostra parte, vero?»

Dale annuì. «Probabile. Una vera amante degli alieni. Comunque la rimpiazzerà uno dei giurati alternativi.»

«Speriamo qualcuno che non sia pazzo ma che ci sostenga.»

Dale brontolò.

«Cosa?» disse Frank.

Dale abbassò la voce. «Non ho ancora deciso cosa fare con le informazioni che ho avuto dalla dottoressa Hernandez, ma può darsi che saranno solo i pazzi a sostenerci.»

Frank sembrò sul punto di controbattere, ma dopo un istante annuì. «Già.»

30

Dale Rice entrò in aula. Guardò il nuovo giurato. Ovviamente era stato in aula dall'inizio, ma era il suo primo giorno da membro votante della giuria. Era un asiatico, tra i venticinque e i trent'anni. Il suo viso non aveva nulla che indicasse in che modo avrebbe votato. Dale gli sorrise — un sorriso caldo, del tipo 'fidati di me', del tipo 'siamo nella stessa barca'.

Non poteva far male.

La giornata era dedicata a testimoni minori e alla discussione di questioni di diritto. Dale rientrò a casa dopo le nove di sera, esausto — lo era sempre di più, quei giorni; aveva un'età.

Anni prima, appena ricevuto il premio 'Avvocato dell'anno' dalla Contea di Los Angeles, un reporter gli aveva chiesto 'se quel giorno era orgoglioso di essere un nero americano'.

Con uno sguardo micidiale da controinterrogatorio, di quelli solitamente riservati ai poliziotti che mentivano, Dale aveva risposto «Sono orgoglioso tutti i giorni di essere un nero americano.»

Però non capitava molto spesso che fosse un reale vantaggio essere afroamericano. Era abituato agli errori al ristorante. Cameriere che gli portavano il piatto sbagliato, scambiando il suo ordine con quello dell'unico altro nero presente. Spesso i bianchi lo confondevano con altri neri. Uomini che, se non per il colore della pelle, non gli somigliavano affatto, e spesso erano di decenni più giovani.

Forse era un vantaggio essere grosso e nero quando voleva fare una passeggiata di notte. Anche lì a Brentwood molta gente aveva paura di stare in giro dopo mezzanotte, ma Dale sapeva che nessuno gli avrebbe dato fastidio, e dato che raramente rincasava prima delle nove, era contento che almeno non gli fossero negate le strade, come invece capitava a molti altri. Naturalmente c'era sempre il problema delle macchine della polizia che si fermavano e gli chiedevano i documenti — per il solo fatto che era notte e che lui era nero, e quello era un quartiere di ricchi bianchi.

Quella notte, mentre rientrava, stava pensando al processo. Le prove contro Hask sembravano convincenti. La mancanza di alibi; la muta della pelle la notte dell'omicidio; il fatto che aveva esperienza di dissezioni, avendo da poco svuotato il corpo della Tosok morta, Seltar; il video che lo mostrava usare con precisione il tipo di strumento da taglio usato per commettere il crimine — e la sua riflessione sul fatto che il suo popolo aveva rinunciato a troppo scegliendo di non andare a caccia per il cibo.

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